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Elisa Valero

Spagna

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Nata a Ciudad Real (Spagna) nel 1971, Elisa Valero Ramos si laurea nel 1996 alla ETSA (Escuela Tecnica Superior de Arquitectura) di Valladolid. Nel 2000 ha conseguito il dottorato presso la ETSA di Granada, vincendo nel 2003 una borsa dell’Accademia di Spagna a Roma. Autrice di cinque pubblicazioni monografiche, è stata critica e docente invitata in numerose facoltà di architettura europee e alla UNAM di Città del Messico. Attualmente è professore ordinario di Progettazione presso la ETSA di Granada.

Così Elisa Valero descrive il proprio lavoro: “In un momento in cui la nostra cultura è caratterizzata da un rumore di fondo incredibilmente forte, ho scelto di praticare un’architettura che opera in silenzio, serenamente e senza attirare l’attenzione su di sé. […] Mi interessano gli spazi della vita, il paesaggio, la sostenibilità, la precisione e l’economia dei mezzi espressivi. Non mi interessano gli stili. Mi interessano i libri piuttosto che le riviste, la consistenza piuttosto che il genio, la coerenza piuttosto che la composizione artistica. E intendo l’originalità come la riscoperta del vero significato delle cose. Mi interessa un’architettura radicata alla terra e al proprio tempo. Accetto i fattori determinanti dell’architettura come regole di un gioco molto serio e piacevole, che cerco di interpretare in modo coerente e rigoroso. E benché non sia più di moda parlare dell’architettura in questi termini, credo che l’opera di un architetto sia essenzialmente un servizio volto a rendere più gradevole la vita delle persone: una nobile vocazione a rendere il mondo più bello e umano, e la società più giusta. Nell’architettura non c’è posto per i nostalgici: è un lavoro per ribelli”.

Vincitore

Sesta Edizione 2017-2018

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La Giuria ha attribuito all’unanimità lo Swiss Architectural Award 2018 a Elisa Valero per l’ampliamento di un edificio scolastico a Cerrillo de Maracena (Granada, 2013-2014), per le residenze sperimentali a Granada (2015-2016) e per la chiesa a Playa Granada (2015-2016). Per la Giuria “l’architettura di Elisa Valero è animata da un tenace impegno personale e da una ricerca originale sugli aspetti costruttivi che le consentono, ricorrendo a risorse limitate, di rispondere alle condizioni poste dai programmi funzionali sublimandole in spazi di grande qualità”. La giuria ha riconosciuto nel lavoro di Elisa Valero un’intima consonanza con gli obiettivi dello Swiss Architectural Award: premio che si propone di favorire, attraverso il coinvolgimento delle tre Scuole di architettura svizzere, il dibattito pubblico sulle potenzialità dell’architettura.


Ampliamento di un edificio scolastico a Cerrillo de Maracena

Granada (Spagna), 2013-2014

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La scuola di Cerrillo de Maracena si trova alla periferia di Granada, in un’area disagiata stretta fra autostrada e ferrovia. L’intervento mirava a dotare la scuola di una sala polivalente, una nuova scala di sicurezza e un cortile coperto obbligatorio. Il nuovo volume, che forma il prospetto occidentale della scuola, è posto sopra un’aula al piano terreno e una parte del cortile, ed è collegato agli altri ambienti al primo piano.

Un nuovo sistema, chiamato Elesdopa, mira a ottimizzare la costruzione in cemento armato disponendo due strati di calcestruzzo, gettato a spruzzo sui ferri d’armatura, attorno a uno strato di 20 cm di isolamento termico. La massa termica e le dimensioni generose della coibentazione costituiscono un sistema passivo che garantisce un adeguato livello di confort senza riscaldamento o raffreddamento meccanico. Tale soluzione implica pure una riduzione considerevole della quantità di materiale utilizzato e dei costi di costruzione, e al tempo stesso un miglioramento del comportamento sismico dell’edificio. Vi è un solo materiale, all’interno e all’esterno: il cemento armato.

La luce naturale è controllata attraverso un frangisole traforato gettato in opera, che risponde alla necessità di proteggere i vetri dai colpi di pallone, dai vandali e dai ladri. All’interno c’è solo lo spazio per crescere. I requisiti sono la riduzione dei costi e l’efficienza energetica: non vi è altra scelta.

Il mio primo lavoro, quando avevo 24 anni, è stato il restauro del ristorante “Los Manantiales” di Felix Candela, un guscio di cemento armato, a pianta ottagonale, formato dall’intersezione di quattro paraboloidi iperbolici: una geometria che consente a uno strato di 5 cm di cemento armato di coprire un’area di 1750 m2 poggiando al suolo in otto punti. Lì ho imparato che il più delle volte meno è sufficiente: meno materiale, meno energia, meno denaro bastano a risolvere i problemi dell’abitare; ed è abbastanza perché il gioco della luce si possa dispiegare al suo interno, abbastanza per raggiungere una bellezza imperfetta. Lì ho pure trovato la risposta alle mie preoccupazioni sull’ambiente e sulla sostenibilità. Ridurre il consumo di materiale ed energia non è soltanto un vantaggio economico ma un’istanza etica per ogni abitante del nostro piccolo pianeta.

La mia attuale ricerca è focalizzata su nuovi sistemi costruttivi in cemento armato che consentano di ottenere edifici a basso costo e a basso consumo di energia. Il cemento armato è il materiale da costruzione composito più diffuso al mondo. L’uso di un materiale locale facilmente disponibile, provvisto di un ottimo comportamento strutturale, potrebbe garantire ad ampi settori della popolazione abitazioni di alta qualità a basso costo. Sono le prime fasi di un processo progettuale tuttora in corso, nel quale stiamo cercando di ridurre le emissioni di anidride carbonica insite nel cemento armato, ricorrendo a materiali alternativi per limitare l’uso di metallo nelle armature e la produzione di materiali di scarto. Stiamo lavorando a un’architettura che s’impegni per l’ambiente, un’architettura alla portata di tutti, un’architettura che favorisca una società più giusta.

Ampliamento di un edificio scolastico a Cerrillo de Maracena. © Foto di Enrico Cano

Ampliamento di un edificio scolastico a Cerrillo de Maracena. © Foto di Enrico Cano

Ampliamento di un edificio scolastico a Cerrillo de Maracena. © Foto di Enrico Cano


Residenze sperimentali

Granada (Spagna), 2015-2016

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Situato nel Realejo, il quartiere ebraico fra i più antichi della città di Granada, l’edificio sorge alla fine di una viuzza che, come molte altre lungo le pendici occidentali dell’Alhambra, culmina in una scalinata. Il declivio che caratterizza l’area permette alle case di affacciarsi verso la Vega e la Sierra Nevada.

Frutto di un progetto sperimentale, otto diversi appartamenti, calibrati secondo le necessità dei proprietari riuniti in una cooperativa, si dispongono attorno a un giardino, la cui pavimentazione è traforata a intervalli regolari per consentire all’acqua piovana di defluire nel terreno; in taluni punti i fori s’allargano ad accogliere arbusti o piccoli alberi. Progettando secondo principi bioclimatici, è stato possibile ridurre i costi energetici e conseguire un edificio a consumo zero, grazie alla continuità e allo spessore dello strato di isolamento termico, alla cospicua inerzia termica e all’orientamento adeguato. Le pareti e i solai sono realizzati in cemento armato strutturale secondo il sistema a doppia parete Elesdopa (ad eccezione della copertura), in questo caso gettato in casseforme, che ha consentito di limitare i costi di costruzione (545.850 euro per una superficie edificata di 1040 m2) e di ridurre allo stretto necessario il numero di portanti verticali, così da garantire la massima continuità fra il giardino e i parcheggi collocati sotto l’edificio. Questo edificio sperimentale non è perfetto e abbiamo dovuto imparare a risolvere problemi inediti durante il cantiere. L’architettura è un gioco rischioso.

Residenze sperimentali. © Foto di Enrico Cano

Residenze sperimentali. © Foto di Enrico Cano

Residenze sperimentali. © Foto di Enrico Cano

Residenze sperimentali. © Foto di Enrico Cano

Residenze sperimentali. © Foto di Enrico Cano

© Video di Daniele Marucci


Chiesa di Santa Josefina Bakhita

Playa Granada (Spagna), 2015-2016

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Lungo la costa, oltre la Sierra Nevada, svetta vicino al mare la torre campanaria di una nuova cappella, un semplice blocco di cemento fra gli alberi di un giardino senza confini. La sfida di costruire uno spazio per raccogliersi attorno a ciò che ci trascende era tale da farci decidere di non tentare qualcosa di nuovo, ma di guardare alla tradizione delle chiese paleocristiane. L’architettura si pone al servizio della liturgia, integrando gli elementi che ne compongono lo spazio: l’atrio d’ingresso, il battistero con il suo fonte ottagonale vicino all’entrata, la cripta, il presbiterio, il campanile e il coro. Molteplici erano i vincoli a cui l’opera doveva sottostare: l’orografia, anzitutto, che doveva garantire un dislivello tale da consentire l’accesso alla navata dal lato occidentale e alla cripta dal lato orientale del giardino, mentre la quota del piano di calpestio principale era determinata dal livello massimo di piena; i regolamenti edili comunali, che imponevano all’edificio, fatto salvo il campanile, l’altezza degli edifici a due piani che caratterizzano l’area; le condizioni climatiche sfavorevoli all’acciaio, determinate dalla prossimità del mare, e l’importanza di una buona acustica; e infine la condizione fondamentale, senza la quale l’edificio non sarebbe sorto: la massima economia. Tutti questi vincoli hanno definito le regole del gioco che ha condotto al risultato finale, sfrondando tutto ciò che era superfluo. La luce è stata la principale materia prima. È attraverso di essa che si materializza l’idea di Dio come luce del mondo e di un Dio uno e trino. Nella chiesa vi sono soltanto tre fonti di luce, e ciascuna illumina l’interno in modo diverso. La costruzione è in cemento armato. La struttura verticale è realizzata con una parete convenzionale isolata internamente, mentre per le fondazioni e i solai si è fatto ricorso al sistema Elesdopa che, nella maggior parte dei casi, non necessita di ulteriori rifiniture, riducendo i costi di costruzione (345.000 euro per una superficie edificata di 891 m2) e gli interventi di manutenzione. Lo spessore variabile del soffitto della navata consente infine, evitando una configurazione parallela al pavimento, di migliorare le caratteristiche acustiche dell’ambiente. Il cemento armato, la pietra artificiale del nostro tempo, assume un valore simbolico. La sua nudità ci parla di sincerità costruttiva e di sobrietà, valori atemporali che depurano l’architettura dall’ornamento e consentono alla sola luce di plasmare lo spazio.

Chiesa a Playa Granada. © Foto di Enrico Cano

Chiesa a Playa Granada. © Foto di Enrico Cano

Chiesa a Playa Granada. © Foto di Enrico Cano

Chiesa a Playa Granada. © Foto di Enrico Cano

Chiesa a Playa Granada. © Foto di Enrico Cano

© Video di Daniele Marucci

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